Il Blog di Diego Mosna

  • Diego Mosna

    08 gennaio 2014

    Il Blog di Diego Mosna

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    Il ministro Saccomanni, in una intervista rilasciata a Repubblica, esprime ottimismo sulle prospettive del 2014 per il nostro paese. “Politically correct”, si dice in gergo: quale ministro della Repubblica potrebbe usare toni differenti, dovendo convincere i cittadini a sopportare e condividere i sacrifici di un sistema-paese bloccato da piu’ di un decennio, e in costante arretramento in tutti gli indicatori di efficienza?

    Piu’ discutibili mi sembrano le dichiarazioni del massimo responsabile del nostro  dicastero  per l’Economia quando si dice convinto che “famiglie, lavoratori ed imprese” pagheranno meno tasse”.

    Io non sono così ottimista; permettetemi anzi di affermare che parlare di minor imposizione fiscale in questa fase è un espediente mediatico, perché troppo deboli e confusi sono i segnali politici che stiamo ricevendo.

    Il total tax rate in Italia (il livello di imposizione complessiva sugli utili d’impresa) è stimato  dal centro studi Confindustria al 65.8%, la quota piu’ elevata a livello globale tra i paesi avanzati. E non va meglio guardando alla tassazione sul lavoro: siamo al secondo posto in Europa, dietro al solo Belgio. Questa è la sintesi che il cittadino vive quotidianamente, tra accise, acconti d’imposta, imposte di bollo etc., per non parlare della allucinante complessità che sta accompagnando l’imposizione su casa, rifiuti e beni indivisibili (una complessità che, nella percezione del cittadino vale da sola probabilmente come una decina di punti percentuali aggiuntivi di tassazione, perché non c’è tassazione più indigesta di quella che non si riesce nemmeno a capire).

    Anche l’entusiasmo sullo spread tornato, a quanto pare, a livelli pre crisi mi entusiasma poco. Per carità è un segnale positivo che farà sentire i suoi effetti sulle prossime emissioni dei titoli di stato italiani e delle cosiddetta area periferica dell’Unione Europea. Spread (e non è un caso visto che le banche sono i maggiori creditori degli stati) che è stato salutato da rialzi delle quotazioni soprattutto dei titoli bancari. Però qual è stato e qual è il prezzo pagato dal nostro Paese? Disoccupazione al 12,3%; potere d’acquisto a terra e quindi a terra è anche la domanda; piccole e medie imprese stremate; il permanere di una stretta creditizia senza precedenti e, al tempo stesso, sofferenze bancarie alle stelle.

    Insomma: se l’ottimismo serve a diluire ed attenuare il grido di dolore che arriva dal mondo produttivo del lavoro, e se ha la funzione di distrarre dalla necessità di scelte coraggiose e di vero impatto da parte del nostro esecutivo, allora preferisco un sano realismo. La strada verso l’abbattimento della pressione fiscale e verso al semplificazione normativa è lunga, impervia, e probabilmente esigerà di riscrivere da zero l’intera normativa e di riformare drasticamente l’impianto dell’imposizione. E’ evidente che per far ciò non basterà un brillante 2014: ci vorranno anni e, soprattutto, un esecutivo ed un parlamento illuminati, un ritorno alla politica vera, di alto profilo, da uomini di Stato. Tutte cose di cui questo Paese ha bisogno come l’aria ma che, per ora, non si profilano all’orizzonte. Ma la dura prova (una delle tante della sua lunga e grande storia) che il nostro popolo sta affrontando ci chiama ad affrontare una sfida di tali dimensione che ci offre un’opportunità: quella di selezionare una classe dirigente.

     

    Diego Mosna 

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