Il Blog di Diego Mosna

  • Diego Mosna

    27 gennaio 2014

    Il Blog di Diego Mosna

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    Anche se tardivi, ben vengano i ripensamenti. Leggo sull’Adige di sabato scorso le dichiarazioni dell’Assessore Daldoss: “…Immagino che in tempi brevi i finanziamenti per investimenti non siano assegnati al singolo comune, ma ad un tavolo in cui i sindaci contano. Questo tavolo è la Comunità, che non è un ente altro rispetto ai comuni, ma espressione e ordinamento dei comuni”. Prendo atto con un certo sollievo che, dopo quasi 50 anni, il tormentone dell’ente intermedio tra Comuni e Provincia ha segnato il passo a qualche ragionamento un po’ più libero. Libero dall’ideologia kessleriana – e lo dico con la consapevolezza che a Bruno Kessler si debbano anche intuizioni lungimiranti per lo sviluppo del Trentino - che dal 1967, cioè dall’approvazione del primo Piano Urbanistico Provinciale, ha inutilmente tentato di far decollare prima i Comprensori, e più recentemente le Comunità di Valle.  Per questo mi sorprendono le dichiarazioni roboanti di Mauro Gilmozzi contro il superamento dell’ideologia dell’ente intermedio: come se non fosse ancora chiaro che, per riformare realmente le nostre Istituzioni, l’ente intermedio non è la soluzione, ma è il problema.

    Lascio al dibattito interno alla maggioranza il compito di chiarire le rispettive posizioni. Quello che mi preme è fare alcune osservazioni che mi sembrano utili per dare, finalmente, un assetto più organico ed efficiente al complesso rapporto tra Provincia e Comuni. Innanzitutto, ben venga la disponibilità a rompere un tabù che per decenni ha bloccato il processo di ammodernamento delle nostre Istituzioni. L’ente intermedio è, e non può che essere così, una sovrastruttura inutile, destinata o ad interferire nei compiti di regia della Provincia, o in quelli di gestione dei servizi, propri dei Comuni. Confido che non si tratti solo di una sparata giornalistica, ma di una vera e costruttiva volontà di cambiare. Che non sia l’ennesima occasione sprecata nel difficile compito di rendere competitivo il nostro sistema pubblico, oggi quanto mai appesantito. Detto questo, alcune osservazioni di dettaglio, ma non di minore rilievo.

    Innanzitutto voglio ribadire, e non lo farò mai abbastanza, che nella gestione dei servizi pubblici, come in qualunque impresa privata, devono essere rispettate le necessarie dimensioni di scala e deve essere garantito un management adeguato. Quindi, nella gestione a geometria variabile dei servizi condivisi, se a prevalere sarà la logica della lottizzazione spartitoria guidata dai partiti, qualunque riforma è destinata a fallire. Di conseguenza, la capacità di individuare bacini di utenza adeguati - ragionando esclusivamente con le logiche dell’efficienza, dell’economicità e dell’efficacia dei servizi - e in ugual modo quella di selezionare personale altamente preparato, nonché l’idea di un Presidente con le caratteristiche di un Amministratore delegato, diventano una scelta obbligata, un imperativo categorico. Fino ad oggi non è stato così ed è tempo di cambiare, anche perché le mutate condizioni istituzionali e finanziarie ce lo impongono. Ricordiamoci che siamo costantemente sotto esame, sia da parte dello Stato che delle altre Regioni. Un contesto critico che non ammette errori o cedimenti a vecchie abitudini, che non possiamo più permetterci.

    Ciò detto, se non vogliamo che le buone intenzioni rimangano tali, o che si traducano in ulteriore spreco di tempo e di risorse, è necessario che la riforma istituzionale che andremo a costruire risponda a due esigenze fondamentali. La prima è che tra Provincia e Comuni, dopo Comprensori e Comunità di Valle, non si inventi qualche altro soggetto che, come i precedenti, finirebbe inevitabilmente con l’essere un inutile appesantimento, costoso e ingombrante. Il secondo è che la dimensione dei bacini di utenza dei servizi sia tale da consentire una gestione efficiente e funzionale. Condizioni, queste, a cui si deve aggiungere la capacità di reclutare e formare una classe dirigente all’altezza di un compito estremamente impegnativo, che non può essere affidato agli amici degli amici, ma esclusivamente a personale serio e competente.

    Concludo sottolineando che una riforma che ci consenta di risparmiare, sempre che vada in porto nel modo migliore, non può che trovarmi d’accordo, visto che la riduzione dei costi della politica e, in termini più ampi, delle pubbliche amministrazioni che forniscono servizi ai cittadini, è da sempre uno dei miei principali cavalli di battaglia.

     

    Diego Mosna

     

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