Il Blog di Diego Mosna

  • Diego Mosna

    10 marzo 2014

    Il Blog di Diego Mosna

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    Per riallacciare il dialogo con chi rappresentiamo, con la società, dobbiamo andare fino in fondo con coraggio togliendo di mezzo tutto ciò che sa di privilegio. Fino in fondo, ovviamente, alla triste vicenda dei vitalizi. Una storia, lo voglio ricordare, che viene da un passato in cui la politica dominava la vita sociale e il “politico”, oggi svillaneggiato (spesso ingiustamente, basti pensare che i neoeletti in Consiglio sono 21, me compreso, e quindi hanno ben poche responsabilità), era invece temuto e riverito. Dobbiamo accettare come un bene necessario la verifica della Corte dei Conti sull’uso dei fondi dei gruppi nel 2013; impegnarci a gestire quel che è rimasto, dopo i tagli della fine della scorsa legislatura, per l’attività politica e istituzionale con la massima trasparenza e parsimonia. Impegnarci, anche qui al di là delle appartenenze, a far pressione sulla Provincia per chiudere la questione degli affitti degli uffici dei gruppi. A farla breve, dobbiamo mettere la parola fine su questa amara partita il prima e il meglio possibile per poi stipulare un nuovo patto con il popolo trentino.

    Attenzione però, i patti prevedono impegni reciproci: dalla nostra parte, da quella dei rappresentanti nelle e delle istituzioni, va conclusa una fase di rinnovamento etico, di trasparenza e serietà anche nel linguaggio. Dall’altra va chiesto alla nostra gente uno sforzo di indipendenza e responsabilità. Indipendenza e responsabilità (anche di giudizio) fondamentali per una crescita democratica della nostra Autonomia.

    Ripeto, la vicenda dei vitalizi è nata male tanti anni fa, è stata gestita peggio e si è tentato di trovare una soluzione “furba” tale che, passatemi la citazione latina, alla fine “l’è sta pezo el tacon del bus”. Se la Corte dei Conti dovesse trovare abusi nella rendicontazione delle spese dei gruppi dello scorso anno i responsabili (i responsabili, non genericamente i “politici”) dovranno subirne le conseguenze anche in termini di immagine. Dovremo passare ai raggi “X” tutte le situazioni che potrebbero esporre le istituzioni a critiche fondate. Però, alla fine di questo percorso, dovremmo chiedere rispetto! E ciò significa chiedere alla nostra gente di fare un passo avanti: di guardare dentro le scelte che in queste stanze e in queste aule vengono fatte. Di giudicare i consiglieri dal loro lavoro, dal loro impegno e dalla qualità delle idee. Per questo ritengo che vadano messe in campo forme di comunicazione moderne come i media civici, formula evoluta e più matura dei social media. Media civici che permettono ai cittadini di conoscere con precisione e obiettività il tipo, la quantità e la qualità del lavoro di ogni eletto.

    Me ne rendo perfettamente conto, non è facile rendere attraenti le notizie sui lavori parlamentari. Capisco che in un mondo dei media dominato da “scoop” e da “scandali” reali o presunti, far filtrare ragionamenti, approfondimenti (che possono, ovviamente, essere giusti o sbagliati) è dura. Però vi invito a fare un esperimento: se per qualche giorno ascoltate le trasmissioni di Radio Radicale o di Rai Parlamento, soprattutto quelle dedicate al lavoro delle Commissioni parlamentari, vi accorgerete che a Palazzo Madama o a Montecitorio, non bivaccano solo arruffoni e perdigiorno. Anzi, ci sono oscuri parlamentari che, in tutte le forze politiche, anche in quelle tacciate troppo spesso di “populismo”, studiano, dicono cose sensate, indicano soluzioni usando un linguaggio sobrio. Solo che alla grande stampa e alle tv non interessano perché non sono di battuta facile, sono magari un po’ grigi, non si fanno beccare con amati e amanti, non si fanno comprare e quindi non fanno notizia. Immaginate se le cose fossero state così ai tempi di Moro, di Berlinguer o di Ugo La Malfa!

    Questo per dire che se da una parte la politica deve definitivamente (lo scandisco: de – fi – ni – ti – va – mente) togliere ogni ostacolo, ogni privilegio, dall’altra, ultimato questo percorso, deve avere anche la forza e il coraggio di chiedere rispetto. Anche perché, se si vuole decidere, si deve avere anche la forza di essere impopolari per non essere anti-popolari. Chi è chiamato ad avere responsabilità politiche deve avere anche la serena consapevolezza che un direttore d’orchestra per dirigere la musica deve girare le spalle al pubblico. Ma il pubblico deve avere fiducia, e quindi rispetto, per chi ha mandato sul palco a muovere la bacchetta. Sia esso al governo o all’opposizione.

    Diego Mosna

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